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Morano
  mulini

La sezione museale dedicata agli opifici idraulici in funzione in passato nella campagna moranese è collegata idealmente a quella riguardante le risorse naturali, e in particolare l'acqua, ove è documentata l'importanza che quest'ultima ha avuto e in parte ancora ha, oltre che nell'ambito dell'agricoltura, nella sua qualità di forza motrice.

Nella classe degli opifici idraulici, tra i quali vanno inclusi, oltre ai mulini, anche le gualchiere, i primi hanno sempre occupato un posto di primo piano, come sta a testimoniare la ricchezza dei documenti esposti nella sezione, rappresentati, oltre che da foto d'epoca, da carte tematiche, disegni e plastici.

La tipologia dei mulini ad acqua presenti nel territorio non era diversa da quella degli analoghi impianti in funzione negli altri paesi del bacino del Coscile e dei suoi affluenti. Tutti ricalcavano il modello del cosiddetto mulino greco o scandinavo, costituito da un unico albero motore posto verticalmente, sul quale sono fissate, in basso, la ruota idraulica e, in alto, la macina girevole che sovrasta quella fissa. È un modello decisamente primordiale, che sfrutta al minimo la forza dell'acqua. Esso, però, presenta un vantaggio tutt'altro che trascurabile nella realtà preindustriale: quello di essere costruito quasi interamente in legno e, al contrario del cosiddetto mulino vitruviano, senza alcun impiego di ingranaggi.

Dei sei mulini ad acqua in uso un tempo nel territorio, almeno due presentano un interesse particolare: il mulino Mainieri e il mulino Scorza. Quest'ultimo si trova in località Fineta, alla confluenza nel Coscile del torrente Piana. L'impianto era di dimensioni considerevoli e comunque superiori alla media. Benché diroccato, conserva ancora abbastanza intatti i canali, che costituiscono un interessante esempio di ingegneria idraulica.

Degli altri quattro mulini, due sono alquanto piccoli e ad un solo palmento: si tratta del mulino annesso al bellissimo complesso rurale della famiglia Rocco, in contrada Foce, e di quello che si trova nei pressi della chiesa rurale di San Rocco, costruito nel corso dell'Ottocento dalle famiglie Rosito e Aronne. Gli altri sono più grandi e si trovano, rispettivamente, in contrada Fineta e in contrada Vado ed appartengono alla famiglia Ponzi e alla famiglia Di Noia. Due sono semidiroccati. Del mulino Rocco sopravvive solo la costruzione. Il mulino Di Noia è stato trasformato in abitazione.
lo schema di funzionamento del tipico mulino ad acqua calabrese
i termini dialettali con cui sono indicate le singole componenti dell'impianto sono tratti da uno scritto di Vincenzo Padula riportato in Persone in Calabria, a cura di C. Muscetta (Roma, 1967, pp. 232-235)

 
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