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1860

Regia, Alessandro Blasetti che ne ha curato anche la sceneggiatura con Emilio Cecchi e Guido Mazzucchi autore del racconto d’origine, Italia 1934
1860 è una delle opere più importanti di Blasetti, quasi unanimemente giudicata il suo capolavoro, considerato fra i film antesignani e anticipatori del neorealismo. Un film che affronta il Risorgimento da un punto di vista inedito, quello dei contadini siciliani, proponendo quindi un’interpretazione populista, allo scopo evidente di superare diffidenze nei riguardi di un processo considerato anche in ambito fascista prevalentemente élitario e “borghese”. È chiaro che tale interpretazione ha il solo scopo di poter stabilire una continuità tra fermenti “rivoluzionari” risorgimentali e “rivoluzione” fascista (continuità esplicitamente decantata nel finale). Ciò non impedisce, tuttavia, a Blasetti di utilizzare il tema storico per la riscoperta di un paesaggio geografico e umano intriso di umori fortemente popolareschi e dialettali e reso con un realismo spoglio e efficace. L’impronta realistica del film di Blasetti era tanto forte e efficace che, nonostante il finale che univa in un abbraccio ideale camicie rosse garibaldine e camicie nere fasciste (finale fatto comunque sparire nelle copie in circolazione nel dopoguerra), esso continuò ad essere apprezzato anche dopo la caduta del fascismo come esempio di epica nazional-popolare, ricca di anticipazioni del neorealismo cinematografico.

Regia, Alessandro Blasetti che ne ha curato anche la sceneggiatura con Emilio Cecchi e Guido Mazzucchi autore del racconto d’origine, Italia 1934
1860 è una delle opere più importanti di Blasetti, quasi unanimemente giudicata il suo capolavoro, considerato fra i film antesignani e anticipatori del neorealismo. Un film che affronta il Risorgimento da un punto di vista inedito, quello dei contadini siciliani, proponendo quindi un’interpretazione populista, allo scopo evidente di superare diffidenze nei riguardi di un processo considerato anche in ambito fascista prevalentemente élitario e “borghese”. È chiaro che tale interpretazione ha il solo scopo di poter stabilire una continuità tra fermenti “rivoluzionari” risorgimentali e “rivoluzione” fascista (continuità esplicitamente decantata nel finale). Ciò non impedisce, tuttavia, a Blasetti di utilizzare il tema storico per la riscoperta di un paesaggio geografico e umano intriso di umori fortemente popolareschi e dialettali e reso con un realismo spoglio e efficace. L’impronta realistica del film di Blasetti era tanto forte e efficace che, nonostante il finale che univa in un abbraccio ideale camicie rosse garibaldine e camicie nere fasciste (finale fatto comunque sparire nelle copie in circolazione nel dopoguerra), esso continuò ad essere apprezzato anche dopo la caduta del fascismo come esempio di epica nazional-popolare, ricca di anticipazioni del neorealismo cinematografico.